martedì 26 agosto 2014

BREAK EVEN POINT

BREAK EVEN ANALYSIS –(IMPRESE COMMERCIALI) La break even analysis (o analisi del punto di equilibrio) consiste nella determinazione matematica o grafica dell’ammontare delle vendite in cui i costi totali (CT) eguagliano i ricavi totali (RT). A tale quantità di merci vendute non vengono conseguiti dunque né profitti né perdite. Il punto di equilibrio si fonda sulla distinzione fra Costi fissi e Cos...ti variabili, dove i primi rimangono costanti al variare della quantità venduta, mentre i secondi sono proporzionali al numero dei prodotto immessi sul mercato. Esempi di costi fissi in un’azienda commerciale sono gli affitti, il costo incomprimibile del personale, le spese generali di amministrazione e vendita, gli ammortamenti delle attrezzature commerciali. Esempi di costi variabili sono le provvigioni per gli addetti alle vendite. Non sempre è possibile distinguere i costi fissi da quelli variabili e in tal caso è spesso più appropriato parlare di costi semifissi o semivariabili quando presentano, come nel caso di certe utenze di servizi, componenti fisse e/o legate ai consumi. Allo stesso modo il costo del personale non può essere sempre legato al volume di vendita realizzato, dal momento che i dipendenti sono legati da rapporti di lavoro che non dipendono dal volume di attività realizzato. Per determinare il break even point (BEP) è indispensabile conoscere: • i prezzi unitari di vendita (pv); • i costi unitari variabili (cv); • i costi fissi sostenuti (CF). BEP = CF /pv − cv La differenza fra prezzi di vendita unitari e costi variabili unitari prende il nome di margine di contribuzione unitario. Analizzando il grafico della redditività, il punto di equilibrio (BEP) è dato dalla intersezione fra la retta dei ricavi totali (RT) che parte dall’origine e quella dei costi totali (CT) che parte dall’ordinata dei costi fissi (CF). L’incrocio delle due rette costituisce il punto di equilibrio (BEP) e determina la quantità di merce venduta che garantisce il pareggio fra Ricavi e Costi. È facile intuire come alla destra del BEP ci sia l’area dell’utile mentre a sinistra l’area della perdita. Ovviamente possiamo avere diversi punti di equilibrio in relazione al cambiamento delle variabili che lo determinano. Un aumento dei costi fissi (CF), dei costi variabili unitari (cv) o una diminuzione dei prezzi unitari di vendita (pv) determina un aumento del BEP, per il quale si richiederà un più elevato livello di vendite (sfruttamento della capacità produttiva) per entrare in area di utile. Da tutto questo si evince come l’impiego della BEA sia fondamentale in sede di programmazione aziendale, poiché permette di determinare le condizioni alle quali l’azienda può iniziare a guadagnare e perché consente di valutare le conseguenze sul reddito d’esercizio provocate dalle variazioni nei volumi di vendita. Inoltre la BEA consente di determinare in anticipo le conseguenze sul reddito al cambiare degli elementi quali: i prezzi, i costi variabili, i costi fissi. Nel caso di un’azienda commerciale, il punto di pareggio può essere calcolato in fatturato, determinando l’ammontare dei ricavi complessivi (pv x Q) necessari per coprire tutti i costi sostenuti dall’azienda: CT = CF + cv x Q Dove: Q = quantità venduta, mentre il Margine di contribuzione unitario è pari a: pv – cv

lunedì 11 agosto 2014

CONTABILITÀ DI MAGAZZINO

La CONTABILITÀ DI MAGAZZINO è l'insieme delle rilevazioni dei movimenti dei beni, finalizzate a determinare la composizione qualitativa, quantitativa delle scorte aziendali e al loro controllo. La composizione qualitativa esprime le caratteristiche delle rimanenze; la composizione quantitativa rappresenta il livello delle scorte in un momento; la composizione monetaria individua il valore delle sc...orte di un determinato bene e dell'intero magazzino. I principali scopi della contabilità di magazzino sono:

Il controllo dei costi delle merci;
Il controllo del livello delle scorte e ridefinizione dei parametri di gestione dello stock aziendale;
Il controllo delle operazioni di carico e scarico;
Definizione della scorta virtuale in un determinato momento;
Indicazione del livello di scorta utile alla redazione del piano aziendale degli acquisti;
La valorizzazione delle commesse di produzione interne.

sabato 2 agosto 2014

Ecco quanto costa un POS

 Secondo i dati resi pubblici dal Tavolo di confronto istituito dal MISE, dotarsi di dispositivo per accettare i pagamenti con carte costa in media da 25 a 180 euro l'anno, a seconda della tecnologia scelta


L’onere medio che un esercizio commerciale o un professionista sostiene per dotarsi di un POS varia da un minimo di 25-60 euro l’anno ad un massimo di 120-180 euro a seconda della tipologia delle apparecchiature prescelte.
E’ quanto è emerso al termine delle prime due giornate di confronto avviate dal Ministero dello Sviluppo Economico in seguito all’entrata in vigore, dal 1 luglio scorso, dell’obbligo di accettazione per esercenti e professionisti dei pagamenti di importo superiore ai 30 euro con carte di debito. Il tavolo è stato condotto insieme alla Banca d’Italia e al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’esigenza di promuovere in Italia l’uso di questi sistemi di pagamento è confermata dall’evidenza che il sistema italiano dei pagamenti si caratterizza per una maggiore incidenza delle transazioni regolate attraverso il contante, ben oltre l’80% del controvalore totale, rispetto agli altri principali Paesi europei, dove non si supera il 60%.
Il tavolo di lavoro ha già svolto due riunioni dedicate al confronto con i rappresentanti dell’ABI, dell’AIIP (Associazione Italiana Istituti di Pagamento e di Moneta Elettronica), del Consorzio Pagobancomat, dei gestori dei circuiti internazionali Visa e Mastercard e di alcuni operatori di mercato attivi in particolare nel settore dell’acquiring.
Nel corso degli incontri sono stati acquisiti dagli intermediari e dalle loro associazioni dati utili per l’analisi dei costi che esercenti e professionisti devono sostenere per dotarsi di un terminale di accettazione di carte di debito, mettendosi quindi nella condizione di rispettare il dettato normativo attualmente in vigore. A questo proposito, i dati sugli oneri dell'utilizzo del POS resi pubblici da più fonti nelle ultime settimane, presentano notevoli differenze da quelli emersi dal tavolo, e quindi appare utile fare chiarezza sulle componenti e la loro quantificazione.
Dal primo confronto sul tema è emerso che tali costi presentano una componente fissa e una variabile.
I costi fissi coprono la disponibilità dell’apparecchiatura POS e dipendono dalle diverse funzionalità che il terminale può offrire e dal tipo di tecnologia utilizzata per il collegamento. I terminali più innovativi, il cui funzionamento è basato su un collegamento via internet o attraverso una rete mobile sono, di regola, meno costosi rispetto a quelli tradizionali, collegati alle reti interbancarie dedicate.
Il costo fisso per i terminali più innovativi si aggira in media intorno ai 2-5 Euro mensili, mentre per le apparecchiature più tradizionali la media è di 10-15 Euro mensili. L’onere che in media deve sostenere un esercente o un professionista per dotarsi di un POS è quindi mediamente intorno ai 25-60 Euro all’anno nel primo caso e a 120-180 Euro nel secondo.
I costi variabili sono, invece, legati al numero e all’ammontare delle transazioni effettuate dalla clientela e dipendono dal tipo di circuito utilizzato. L’utilizzo dei POS consente peraltro di ridurre l’impatto dei costi legati all’utilizzo del denaro contante, che sono complessivamente stimati intorno al 1-1,5% rispetto all’entità delle transazioni.
Spesso le due componenti di costo (fissa e variabile) sono fra loro collegate: a costi fissi più alti possono essere associati costi variabili più bassi (e viceversa). Su questi costi impattano anche il decreto che regola le commissioni applicate alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento (cd. merchant fee) del 14 febbraio 2014 e gli interventi normativi europei in discussione a Bruxelles, inclusa la proposta di Regolamento comunitario sulle interchange fee degli schemi di carte.
Secondo quanto emerso negli incontri, esistono già oggi sul mercato soluzioni che offrono diverse combinazioni di servizi e condizioni, fra le quali ciascun esercente o professionista può scegliere quella più adatta alle proprie esigenze, in base alle sue previsioni di utilizzo e ai collegamenti disponibili. Alcuni operatori di mercato hanno anche lanciato delle offerte commerciali che prevedono, nell’ambito di un più ampio pacchetto di servizi, la disponibilità gratuita del POS.
Recondo quanto riporta una nota del ministero, gli interlocutori coinvolti nelle discussioni del tavolo hanno manifestato la loro piena disponibilità a continuare a compiere ogni sforzo per rendere l’offerta di questa tipologia di servizio il più possibile flessibile e conveniente, in linea con le esigenze delle singole categorie interessate dal decreto. La crescita del numero delle transazioni che ci si attende come risultato dell’entrata in vigore del decreto consentirà lo sviluppo di economie di scala e l’intensificazione delle pressioni concorrenziali in grado di ridurre ulteriormente i costi.
Il tavolo di lavoro proseguirà i suoi approfondimenti monitorando gli effetti del decreto sul mercato, sia in termini di volumi sia di prezzi. Saranno organizzati ulteriori incontri, in particolare con le organizzazioni di categoria dei commercianti, degli artigiani e dei professionisti, per condividere i risultati di questo monitoraggio e per favorire una più ampia diffusione dei pagamenti elettronici nel nostro Paese e una corretta ripartizione dei costi e dei relativi benefici tra tutti i soggetti interessati.